Maglie calcio squadre europee 2019

La rottura avvenne nel 1921 quando i grandi club, vedendosi respinto il loro Progetto Pozzo sulla riforma dei tornei, se lo realizzarono da soli abbandonando la FIGC creando un’associazione privata, la Lega Nord, che organizzò un campionato privato a 24 squadre, la Prima Divisione, e aderì a una nuova organizzazione, la Confederazione Calcistica Italiana, cui si iscrissero sia alcune squadre minori cui vennero proposti dei campionati regionali attraverso i quali si poteva accedere a una finale nazionale organizzata dalla Lega Nord per sostituire le sue retrocesse, sia tutto il calcio meridionale. La FIGC dette un netto strattone alle squadre che già disponevano di un impianto sportivo e che potevano permettersi di pagare un notevole deposito cauzionale proporzionato ad un campionato composto, secondo la distribuzione geografica delle iscritte, da almeno 6 squadre e da un solo girone di 12 in cui erano accorpate il Cagliari e le tutte squadre laziali. Il raggiungimento di un numero di partecipanti giudicato ottimale nel massimo torneo, tanto da impedirne nel 1911 l’iscrizione al Racing Libertas Club dopo una qualificazione persa, dimostrò che era giunto il momento di varare un meccanismo di promozione e retrocessione, creando il concetto di titolo sportivo.

La Casa deportiva La navigazione dell’aspirante Mourinho si articola su tre aree distinte: la prima è Gestione Squadra, al cui interno sarà possibile decidere lo schema dei nostri undici titolari, l’allenamento per ciascun atleta (che potrà migliorare velocità, resistenza, tiro, passaggi o optare per un allenamento equilibrato) e il relativo numero sulla divisa, oltre che deciderne il rinnovo o la scissione del contratto. Alla ripresa nel 1919, il torneo era totalmente regionalizzato e nelle mani dei cinque comitati locali del Nord, limitando il campionato nazionale vero e proprio in primavera. Per mettervi un freno e non irritare troppo i grandi club, già nel 1914 la FIGC decise di dividere nel giro di un anno il massimo campionato in due distinte categorie, ma la guerra bloccò tutto. Dalla stagione successiva, le grandi squadre sarebbero state riunite in un nuovo torneo, la Serie A, mentre le escluse avrebbero costituito l’altrettanto inedita Serie B. A tal fine, Arpinati decise unilateralmente l’allargamento una tantum di quello che a quel punto sarebbe stato l’ultimo torneo di Divisione Nazionale. Una mossa, tra l’altro, già innescata da grandi aziende sensibili alla questione, come Adidas con la sua campagna “She Breaks Barriers”, o da chi ha fatto parte di questo mondo ed è disposto a raccontarne complessità e contraddizioni.

La particolarità di questo prodotto – che la rese un unicum nel panorama calcistico nazionale – risiedeva nel fatto che, a differenza di pubblicazioni similari curate dalle altre squadre italiane, la redazione di Fuorigioco era composta dagli stessi giocatori e dirigenti del club biancorosso (cui presto si unirono anche le rispettive mogli e fidanzate), che in prima persona scrivevano i pezzi e curavano la parte fotografica. Nel 1910-1911, comunque, la FIGC inserì il campionato veneto, che già si disputava da alcune stagioni, facendolo diventare parte del torneo nazionale col nome di Seconda sezione, ed includendovi anche il Bologna che non aveva alcuna avversaria in Emilia. Nella stagione seguente, infine, la divisione del campionato fu tecnicamente abolita ma per l’ultima volta furono assegnati un riconoscimento federale, promosso a titolo di «Campione d’Italia», e uno italiano, retrocesso a trofeo minore e definitivamente disconosciuto con la seguente riunificazione dei titoli. La scelta della FIF colpì duramente i Football Club, e diede largo spazio alle Unioni Sportive e Ginniche che, più deboli in quanto non dirette dai maestri albionici, erano però usualmente formate da soli atleti italiani, e fino ad allora si erano interessate maggiormente al parallelo campionato organizzato dalla Federazione Ginnastica d’Italia. Il tasso tecnico/finanziario fra le squadre delle due parti della penisola era però totalmente sproporzionato, e le finalissime nazionali si risolvevano di regola in pesanti rovesci per le rappresentanti meridionali.

Nei campionati dal 1912 al 1915 ci fu una vera esplosione: parteciparono in crescendo 30, 45 e persino 51 squadre nello scudetto vinto dal Genoa nel campionato 1914-15, l’ultimo disputato prima della grande guerra. Un esempio: un tifoso del Genoa o della Sampdoria privo di tessera del tifoso residente nelle cittadine di Varazze (Savona) o Ovada (Alessandria), vicinissime a Genova, non ha diritto al prezioso (e costoso…) tagliando per assistere alla partita. I rossoneri, il Genoa e il Torino, non accettando questo escamotage che toglieva agli stranieri il diritto di competere per il titolo di «Campione d’Italia», rifiutarono di partecipare al Campionato Italiano e si ritirarono anche dal torneo Federale, poi definitivamente delegittimato dall’assegnazione postuma del relativo trofeo, la Coppa Spensley, al Milan a titolo risarcitorio. Per placare le proteste dei Football Club, la FIF elaborò una soluzione di compromesso dividendo la Prima e la Seconda Categoria (ma non la Terza) in due sezioni: una italiana, riservata agli atleti nazionali e assegnataria del titolo tradizionale di «Campione d’Italia», e una federale aperta a tutti, alla quale, però, era abbinato il nuovo riconoscimento di «Campione Federale d’Italia» e non il classico titolo tricolore, come invece aveva richiesto il Milan campione nazionale in carica.

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